Il mondo è rimasto sordo.
Così si legge sul monumento eretto ad Amsterdam in memoria degli ebrei sordi vittime del regime nazista. Oggi nella Giornata della Memoria, 78 anni dopo l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, vogliamo commemorare tutte le vittime dell’Olocausto ricordando lo sterminio delle persone con disabilità, una parte a lungo misconosciuta dell’abominio nazista.
I minori con disabilità furono le prime vittime, in seguito alle sterilizzazioni forzate che colpirono anche le persone sorde, del programma di eutanasia del Terzo Reich volto all’eliminazione delle vite “indegne di essere vissute” per creare una società pura dal punto di vista razziale.
Si stima che questo folle progetto, chiamato Aktion T4, allargato poi agli adulti, abbia ucciso complessivamente circa 300.000 persone con disabilità, divenendo il primo capitolo della cosiddetta “soluzione finale” nei confronti della popolazione ebraica e di tante altre persone (popolazioni slave delle regioni occupate nell’Europa orientale e nei Balcani, neri europei, prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, minoranze etniche come rom, sinti e jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali e, appunto, persone con disabilità).
Una follia che provoca rabbia, sofferenza e incredulità, ma che dobbiamo ricordare – non solo oggi ma ogni giorno – in modo che non accada mai più. Perché esercitare la memoria non significa imparare alla perfezione date e protagonisti del passato, ma tenere a mente i segnali degli accadimenti che furono per poterli riconoscere nel presente e non abbassare mai la guardia contro l’emergere di segnali come l’odio, il pregiudizio, la violenza, la discriminazione, il razzismo, la negazione dei diritti. Conoscere significa riconoscere gli eventi quando provano a ripetersi.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre“. Primo Levi